L'isola


Poesia di Giuseppe Ungaretti (scheda del poeta)

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Testo della poesia:

A una proda ove sera era perenne
Di anziane selve assorte, scese,
E s’inoltrò
E lo richiamò rumore di penne
Ch’erasi sciolto dallo stridulo
Batticuore dell’acqua torrida,
E una larva (languiva
E rifioriva) vide;
Ritornato a salire vide

Ch’era una ninfa e dormiva
Ritta abbracciata ad un olmo.
In sé da simulacro a fiamma vera
Errando, giunse a un prato ove
L’ombra negli occhi s’addensava
Delle vergini come<
Sera appiè degli ulivi;<
Distillavano i rami
Una pioggia pigra di dardi,
Qua pecore s’erano appisolate
Sotto il liscio tepore,
Altre brucavano
La coltre luminosa;
Le mani del pastore erano un vetro<
Levigato da fioca febbre.

Analisi della poesia

Importante: Non copiare questo testo senza citare la fonte! Se vuoi riportarlo altrove, specifica che è stato preso da qui. Non copiare tutta la pagina: cita una parte del testo e inserisci un link di rimando a questa pagina. Violare queste regole potrà portare a conseguenze legali. Info sul copyright

L'isola è una poesia di Ungaretti scritta nel 1925 e appartiene alla raccolta "Sentimento del tempo", pubblicata nel 1933. Il linguaggio poetico è basato sull'ambiguità e rispetto ad altre opere il messaggio è meno semplice da comprendere a una prima lettura.

L'isola non va intesa come un luogo ben definito, in quanto può essere considerata come uno scenario fuori dal tempo volto a rappresentare anche un'interpretazione metafisica della vita. Si nota subito un certo stupore per la scoperta di una realtà in gran parte sconosciuta. La poesia, come detto, mostra un luogo onirico, dove possono trovarsi ninfe dei boschi, ragazze, pastori e greggi, ma anche una misteriosa foresta ricca di simboli.

Il personaggio principale della poesia è un visitatore che, secondo alcuni, sarebbe il poeta stesso. Non tutti però sono d'accordo con questa chiave di lettura. In quest'opera, colpisce molto il fatto che Ungaretti non abbia inserito alcuna nota autobiografica, nè riflessioni su se stesso, al contrario di altre sue composizioni.

Questa poesia può essere considerata come una esperienza di distacco dalla realtà e di introspezione. Essa a appartiene al periodo di crisi di Ungaretti, quando avverte un vuoto interiore ed esistenziale che lo angoscia. Molti hanno paragonato l'isola a un luogo di sogno, oppure alla Arcadia piena di ninfe e pastori. Un'opera pienamente ermetica ricca di figure e impressioni dotate di connessioni particolari, ma di difficile comprensione.

Emblematica una nota lasciata da Giuseppe Ungaretti, a proposito dell'isola:

"Il paesaggio è quello di Tivoli. Perché l'isola? Perché è il punto dove io mi isolo, dove sono solo: è un punto separato dal resto del mondo, non perché lo sia in realtà, ma perché nel mio stato d'animo posso separarmene".

(Leggi la scheda del poeta)

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Articolo pubblicato e online dal 03/02/2013 - Vietata la copia non autorizzata. Info sul copyright